TUCA & BERTIE, LA RECENSIONE: SU NETFLIX, DUE AMICHE PER LA PELLE – ANZI, PER LE PENNE
Con questa recensione di Tuca & Bertie ci tuffiamo nuovamente nel mondo ambizioso, emozionante e a tratti psichedelico che è l’animazione su Netflix destinata a un pubblico adulto. Un mondo di cui questa nuova, folle comedy al femminile è l’ennesimo esponente di un certo peso, dato il suo legame con uno dei capisaldi della programmazione del gigante dello streaming: la creatrice della serie d’animazione, la fumettista Lisa Hanawalt, è infatti una delle produttrici, nonché la production designer, di BoJack Horseman, il cui autore Raphael Bob-Waksberg è tra i produttori esecutivi della nuova serie. Non si tratta di uno spin-off, sebbene ci sia una somiglianza estetica e (in parte) di approccio, per quanto riguarda l’ibridazione di commedia e tragedia.
DUE AMICHE INSEPARABILI
Al centro della trama di Tuca and Bertie ci sono le due omonime protagoniste, entrambe trentenni, residenti nello stesso palazzo e amiche da una vita: Tuca è spensierata e allegra, Bertie più ansiosa, soprattutto da quando ha iniziato a convivere con il compagno Speckle (doppiato in originale da Steven Yeun, alias Glenn in The Walking Dead). Insieme affrontano problemi di ogni tipo, dagli appuntamenti galanti all’avanzamento professionale, passando per il tema spinoso delle molestie sessuali che fa capolino in un paio di occasioni, in particolare nel secondo episodio che affronta letteralmente di petto la questione dei comportamenti scorretti sul posto di lavoro. C’è una certa malinconia di fondo accostabile a BoJack Horseman, ma nel complesso sono due mondi molto diversi: laddove il cavallo alcolizzato si muove in un universo per lo più verosimile, al netto delle interazioni tra animali antropomorfi ed esseri umani, dove l’attenzione principale sul piano della scrittura è dedicata alla psicologia dei personaggi su uno sfondo satirico ben definito, le due amiche pennute vivono in una realtà interamente animale, molto più frenetica e surreale, già nella sigla.
Abbondano le gag visive, spesso sotto forma di scritte ironiche, e non c’è un attimo per fermarsi a respirare. In tale ottica è molto simbolico l’oggetto che Tuca e Bertie devono recuperare a tutti i costi nel primo episodio: un barattolo di zucchero (contenente, a onor del vero, le ceneri della nonna di Speckle). Come qualcuno che ha consumato troppi glucidi, lo show è iperattivo, con un’energia e un’immaginazione davvero debordanti, portate sullo schermo in mille varianti che trasudano colore e gag al fulmicotone. Il tutto con quello stile semplice, molto classico, che caratterizza anche l’universo di BoJack, un trionfo di animazione tradizionale che dà il giusto spessore ad ogni situazione, che si tratti di un flashback terrificante per ciò che non viene mostrato o di una semplice conversazione su un argomento apparentemente banale come una valigia rimasta nell’appartamento dopo il trasloco. Lo stile è bidimensionale, ma i personaggi risultano tangibili, completi, a tutto tondo.
DUE VOCI IMPRESCINDIBILI
La presenza di Tuca e Bertie su Netflix rende più facile consigliarne la visione in lingua originale, prerequisito davvero indispensabile per apprezzare fino in fondo il lavoro di scrittura e recitazione: così come BoJack risulta meno efficace senza il sarcasmo malinconico di Will Arnett, è impossibile immaginare Tuca e Bertie senza pensare alle loro voci originali, Tiffany Haddish e Ali Wong. Due volti dominanti della stand-up comedy americana contemporanea (di Wong sono disponibili due speciali proprio su Netflix, mentre Haddish ne ha almeno uno previsto entro la fine del 2019), ma anche due penne notevoli (Wong ha partecipato come sceneggiatrice alle prime quattro stagioni di Fresh Off the Boat), con la fantasia e l’estro necessari per dare vita a due improbabili, adorabili eroine, ambasciatrici dell’immaginazione di un’autrice il cui contributo di dieci episodi (per ora) impreziosisce ulteriormente il catalogo d’animazione della piattaforma di streaming.