Star Trek: Discovery 2×14, la recensione: il finale che non ti aspetti

Eccoci arrivati alla recensione di Star Trek: Discovery 2×14finaledella seconda stagione, un concentrato di pathos e nostalgia che ha proposto non poche idee interessanti ma (troppo) spesso ha anche optato per una narrazione raffazzonata, frettolosa, sacrificando spunti importanti in nome del fan service (l’episodio ambientato su Talos IV è particolarmente rappresentativo in tal senso). Poi, nel penultimo capitolo della seconda annata, è arrivata la promessa di un futuro nuovo, diverso, imprevedibile: un futuro dove l’equipaggio della Discovery è letteralmente catapultato in un’era lontana, un avvenire remoto che va oltre la cronologia nota del franchise, permettendo alla serie di evolversi senza le catene del prequel duro e puro e senza l’ostacolo di quella domanda fastidiosa che tutti i fan si sono fatti sin dal primo episodio dello show: com’è possibile che, dal 1966 a oggi, non avessimo mai sentito parlare di Michael Burnham prima d’ora, essendo lei la sorellastra (umana, per giunta) di Spock?Star Trek: Discovery – Season 2 TrailerIl trailer della seconda stagione di Star Trek: Discovery

Una domanda a cui la serie sembrava destinata a rispondere con una di due modalità: o rimuovendo Burnham dalla timeline azzerando la sua esistenza (ipotesi nata grazie alla storyline dell’Angelo Rosso, che nel tentativo di scongiurare un futuro post-apocalittico ha più volte impedito la morte di Michael), oppure spostandola in un’altra epoca, lontana dalle avventure del fratello a bordo dell’Enterprise. Star Trek: Discovery opta ufficialmente per la seconda scelta, anche se per saperlo con assoluta certezza bisognerà aspettare la premiere della terza stagione, già confermata prima che si concludesse il ciclo attuale. Però ci sono anche elementi della prima soluzione, con una logica beffarda che ricorda il famigerato episodio de I Simpson dove veniva fuori che il direttore Skinner era un impostore: alla fine della puntata si decise di fare finta di niente, ed è la stessa cosa che sceglie di fare la Flotta Stellare, su suggerimento di Spock, il quale propone che, per impedire una nuova crisi simile a quella di Control, ogni informazione relativa alla Discovery e al suo equipaggio sia rimossa dagli archivi. Michael non è mai esistita, almeno per quanto riguarda James T. Kirk e gli altri, e il futuro è ora tutto da (ri)scrivere, anche per il personaggio di Philippa Georgiou che, essendo finita chissà quando insieme a Burnham e compagnia bella, presumibilmente non sarà più associata alla Sezione 31 nel già annunciato spin-off a lei dedicato.

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Un finale epico

Star Trek Discovery Finale Stagione 2 4
Star Trek: Discovery: Rebecca Romijn in una scena

Prima di arrivare però a quei dubbi, alimentati dalla scelta controcorrente di non mostrare la destinazione della Discovery e di chiudere la stagione con l’avvio di una nuova missione per l’Enterprise (e l’uscita di scena ufficiale per Christopher Pike, Spock – ora senza barba – e Number One, la presenza più irrilevante a livello nostalgico al di là della notevole trasformazione di una sprecata Rebecca Romijn nella sosia di Majel Barrett), c’è tutta la resa dei conti finale, il grande scontro tra i nostri eroi e la perfida intelligenza artificiale Control (tornata a occupare il corpo di Leland). Uno scontro che evita di andare in certe direzioni, scegliendo di non scomodare antagonisti noti come i Borg per quanto ci fossero diversi indizi narrativi e visivi (forse nella terza stagione, dato il salto temporale?), ma che opta comunque per una soluzione facile per la sconfitta definitiva della manifestazione fisica dell’entità sintetica, riducendo una figura temibile e potenzialmente onnipotente a una sorta di cattivo della settimana qualsiasi. È l’unica nota veramente stonata in quello che altrimenti è un finale a suo modo coraggioso per riavviare in un contesto per lo più inedito una serie che non era esattamente partita sotto i migliori auspici, tra le problematiche del fattore prequel e i vari avvicendamenti dietro le quinte per il ruolo dello showrunner.

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Aspettando la terza stagione

Ci prepariamo dunque per la terza stagione, con una dose di ottimismo motivata dai precedenti storici del franchise: anche i due mostri sacri sul versante televisivo, Star Trek: The Next Generatione Star Trek – Deep Space Nine, dovettero aspettare la terza annata per arrivare a livelli mediamente eccelsi di episodio in episodio (nel primo caso dopo aver tolto ogni potere decisionale a Gene Roddenberry, nel secondo con l’introduzione della trama orizzontale del Dominio, che durò fino alla conclusione dello show).

Star Trek Discovery Finale Stagione 2 3
Star Trek: Discovery: Jayne Brook in una scena del finale della seconda stagione

E se, come già detto, la scelta di scaraventare Michael e gli altri in un futuro remoto sa un po’ di Star Trek Voyager con un’odissea temporale anziché spaziale (e presumibilmente senza un esito positivo, alla luce di quanto accaduto nel presente), è anche la soluzione ideale per permettere alla Discovery, e alla serie che porta il suo nome, di esplorare strani nuovi mondi, di cercare nuove forme di vita e nuove civiltà, di andare coraggiosamente là dove nessun’altra incarnazione del franchise si è mai avventurata prima. A dieci anni dal reboot cinematografico, e con la decisione di tornare nella linea temporale classica per le nuove avventure televisive (è imminente il ritorno di Jean-Luc Picard), lo spazio è forse veramente tornato ad essere l’ultima frontiera. Ai prossimi episodi l’ardua sentenza.

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