IL TRONO DI SPADE 8X05, LA RECENSIONE: FUOCO, CENERE E LACRIME SU APPRODO DEL RE
Un triste presagio scorreva nelle ultime volontà di Missandei. Una regina crudele alle sue spalle, una regina ferita difronte. E poi lei, in mezzo, a proferire quell’ormai familiare parola che oggi riecheggia nella cenere come un tremendo spoiler. Apriamo questa recensione de Il trono di Spade 8×05, The Bells, rievocando quel fiero “Dracarys” ascoltato appena sette giorni fa sulle mura di Approdo del Re. Parole pronunciate da un personaggio in apparenza secondario, ma in realtà fondamentale in quanto intima confidente e unica amica di Daenerys Targaryen (il cognome, questa volta, è d’obbligo). Missandei ha vissuto al fianco della Madre dei Draghi tante tappe fondamentali dell’inarrestabile ascesa di colei che è nata dalla tempesta. Donne che si sono riconosciute nel comune desiderio di spezzare le proprie catene, autodefinirsi e ottenere la propria rivincita su tutto il male subito nel corso delle loro vite.
Insomma, Missandei sapeva che l’ira di Daenerys sarebbe stata funesta. E così è stata. Accade tutto in un episodio che abbandona una volta per tutte i toni glaciali e i colori freddi del Nord per sporcarsi le mani (e le coscienze) con il rosso di un sole opaco, del sangue e della cenere del Sud. The Bells ha il suono degli ultimi rintocchi, quelli definitivi, funebri, a lungo attesi. Un episodio denso, violento, attraversato da follia, amore e vendetta. Senza rinchiudersi nel buio come accaduto nella battaglia di Grande Inverno contro il Re della Notte, il “regista delle battaglie” Miguel Sapochnik questa volta mette tutto in luce, perché vanno finalmente messi in mostra i veri intenti dei nostri paladini. Il tempo per strategie e intrighi è finito, morto con lo sguardo dignitoso di un Varys messo davanti all’inflessibile regina del drago (il singolare, questa volta, è d’obbligo). Adesso sono le azioni che contano. Le scelte prese con il fuoco alla gola, quelle dettate dall’istinto e dalla vera natura dei personaggi finalmente a galla. Ed è per questo che, senza temere esagerazioni, crediamo che a livello di regia e di messa in scena questo quinto episodio de Il Trono di Spade, perfetto nella gestione della coralità, del pathos, e dell’azione, rappresenti l’apice di questa ottava stagione. Laddove il secondo ha rievocato i fasti del passato a livello di scrittura, The Bells è pura azione che si fa racconto, punto di non ritorno destinato a dividere per la fine riservata a molte pedine su questa scacchiera che scotta. Un penultimo atto spietato, che racchiude un climax emotivo difficile da dimenticare e digerire. Perché non tutto è destinato a bruciare in fretta come tra le strade incenerite di Approdo de Re.Trailer Trono Di Spade 8Traier dell’ultima stagione del Il Trono di Spade
IL SANGUE CHE SCORRE NEL FUOCO CHE DIVAMPA: DAENERYS LA FOLLE
Il suo nome non è mai solo il suo nome. Ogni volta che Daenerys si presenta, porta con sé la sua discendenza, i suoi titoli guadagnati con fatica e sudore, come medaglie cucite sul petto. Fiera della storia che si porta addosso e della rivoluzione di cui si fa portatrice, Daenerys ha sete di futuro, ma non dimentica meglio degli Stark. Non dimentica il lungo esilio del suo casato, non dimentica di essere stata nel bersaglio di ogni regnante di Westeros, non dimentica gli sguardi pieni di sospetto e freddezza che il Continente Occidentale le ha riservato dal suo arrivo. Senza dimenticare i suoi due figli alati trucidati e l’amica morta davanti ai suoi occhi. Il sangue che scorre dentro Daenerys ribolle, ed è più forte di qualsiasi progetto illuminato. Ed è così che il sospetto di una parabola insolita (ma piena di indizi sin dalla settima stagione) diventa certezza. La vittima sacrificale che si è ribellata a un fratello spietato, che ha liberato migliaia di schiavi, che ha promesso di spezzare la ruota in nome di una Regina giusta ha passato il segno. Quella Daenerys autrice del proprio grande riscatto, quella donna autorevole per cui era facile tifare, adesso si trasfigura nel nemico peggiore che ci possa essere. Circondata da un vuoto d’amore e di stima per lei insopportabile, la Non Bruciata diventa una volta per tutte la folle, degna erede di quell’accecato Aerys pugnalato alle spalle dallo Sterminatore di Re. Segnata da un viso emaciato, da occhiaie e da un’acconciatura per una volta disordinata, la regina di una (questa volta) convincente Emilia Clarke diventa cieca e sorda. Cieca dinanzi alle sue promesse e al presunto amore per un uomo di cui invidia il retaggio, il destino e la stima altrui. Sorda dinanzi alle campane della resa tanto volute dal magnanimo Tyrion. Così, mentre cavalca indomita e feroce il suo Drogon, Sapochnik fa una scelta di regia raffinata: non ci mostra più il volto di Daenerys. Dopo il suo primo volo infuocato verso le vittime di Approdo del Re, la regina alata è disumana come il suo drago, si riconosce in quell’abbraccio letale di fiamme e Alto Fuoco. Non ci sono più espressioni da mostrare. Perché non direbbero niente di più dello scempio compiuto tra quelle vie. E mentre qualcuno sarà deluso dal faccia a faccia mancato (ma comunque presente, a distanza) tra lei e Cersei, noi ci riconosciamo nello sguardo attonito di uno spaesato Jon Snow, chiamato ora a spegnere la “sua regina” e magari a bruciare una volta per tutte quel maledetto Trono di Spade.
IO E TE, TU E IO: ABBRACCI LANNISTER
Chi lo avrebbe mai detto? Gli abbracci tra Lannister che commuovono e feriscono molto più di quelli tra Stark. In The Bells ce ne sono due, uno in apertura e uno in chiusura, uno vicino all’acqua e l’altro in mezzo al fuoco. In entrambi c’è l’uomo senza mano, il cavaliere redento, che prima ha ceduto al sogno di una seconda vita lontana dal suo passato inglorioso e poi ha seguito il vincolo amoroso di cui è sempre stato vittima. Jaime abbandona Brienne per salvare Cersei, e prova a farlo grazie all’aiuto di un Tyrion grato al bene dell’unica persona capace di non farlo sentire un mostro. Il piccolo grande Lannister, altro attonito spettatore del delirio Targaryen assieme alla sorella, accantona gli attriti con Cersei per puro altruismo, consapevole che Jaime ama davvero la gemella. E non c’è cura per qualcosa che non è malattia.
Per quanto ci possa sembrare malato, The Bells mette in chiaro una volta per tutte che il sentimento tra Cersei e Jaime è un legame inscindibile, come se quel cordone ombelicale natale non si fosse spezzato mai. In un crescendo di gravitas e tensione, dopo un duello forse grossolano ma sensato con un Euron, Jaime e Cersei si ritrovano e riconoscono in un epilogo disperato. Bistrattati dal mondo ma leali sino alla fine al proprio amore, i due leoni innamorati depongono ogni rancore e soccombono insieme, come ogni dramma shakespeariano impone. E allora, quella celebre profezia che parlava di un “Valonquar” (ovvero “un fratello minore”) che avrebbe chiuso le mani attorno alla gola di Cersei fino a ucciderla, si conferma, ma si trasforma e risolve in un ultimo abbraccio tra le macerie. Accade tutto in un luogo emblematico per due amanti costretti a nascondersi per (quasi) tutta la vita: una cripta buia e desolata. Li avevamo scoperti nell’alto di una torre, li salutiamo nelle viscere di una fortezza. Più terreni, meno altezzosi, vestiti eppure più nudi di quella volta. Finalmente senza vergogna.
FUOCO SULLA NEVE: QUEL MASTINO DI ARYA
Una lista da depennare e un duello da affrontare. Altri due conti in sospeso ad Approdo del Re. Arya e il Mastino, ancora una volta insieme, per l’ultima volta, diretti verso i propri ostinati obiettivi. La prima fallirà, il secondo no. In un bellissimo parallelismo tra due personaggi che in qualche modo sono diventati un’allieva e un mentore di tenacia e coraggio, The Bells ci regala il tanto agognato braccio di ferro tra Sandor e (quel che resta di) Gregor Clegane. Immersi dentro uno scenario infuocato che ci ha ricordato lo scontro tra Anakin e Obi-Wan di Star Wars, il Mastino e la Montagna si ammazzano a vicenda senza perdere il vizio delle mani conficcate negli occhi. Però, mentre i Lannister sono sottoterra e i Targaryen in cielo, i due Stark (per noi Jon lo sarà sempre in quanto degno erede dell’onore di Ned) vengono fagocitati dalle rovine di Approdo del Re. L’ingenua fedeltà di Jon alla sua regina si sgretola cadavere dopo cadavere, sotto gli occhi sempre puri di un uomo messo davanti alla scellerata condotta della donna che ama(va). Più rabbioso (ma non meno sconvolto) lo sguardo di un’altruista Arya che tenta di fuggire alla concretizzazione di tutti i suoi sospetti. Suoi e di sua sorella Sansa, certamente nel mirino del drago biondo sopra di lei. Se durante la Battaglia dei Bastardi Sapochnik ci aveva immerso nel cuore della battaglia, questa volta il regista sceglie di seguire Arya per farci respirare la disperazione cittadina. Tra cenere, urla e sangue, tra i resti di una città che sembra aver pagato per la sua storica presunzione, emergono soltanto una donna coraggiosa e un cavallo bianco, pronti a cavalcare verso il destino di Westeros. Sarà altro sangue. Sarà altro fuoco. Saranno leone e lupi contro il drago.
CONCLUSIONI
Scossi, soddisfatti e rassegnati alla fine di un grande racconto epico. Sono queste le sensazioni con cui abbiamo scritto la recensione de Il trono di spade 8×05. Un episodio denso, teso, con poche sbavature, pieno di svolte suggerite e altre inaspettate. Miguel Sapochnik dirige con mano sapiente una “non battaglia” che si risolve in uno spietato assedio e tira fuori gli istinti più viscerali di tutti i protagonisti. Tra fiamme, sangue e lacrime, The Bells è un perfetto preludio per un finale atteso otto anni.