Il trono di spade 8×03, la recensione: oltre la Notte

Quando, anni fa, nel bel mezzo della lettura dei romanzi di George R.R. Martin, immaginavamo di scrivere un giorno questa recensione de Il trono di spade 8×03, ovvero di un episodio con al centro la lungamente attesa Battaglia per l’Alba, non ci aspettavamo di farlo in uno stato d’animo così indefinibile, tra la sorpresa, l’ammirazione e la perplessità. Perché se è vero che la lunghissima e avvincente preparazione ha portato a una risoluzione spettacolare di uno dei fronti narrativi più importanti della storia, è anche vero che questa stessa risoluzione sembra tradire in qualche modo lo spirito morale delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.Trailer Trono Di Spade 8Traier dell’ultima stagione del Il Trono di Spade

Sin dall’inizio abbiamo guardato alle macchinazioni e alle lotte di potere che circondavano il leggendario trono di Approdo del Re come alla manifestazione di una miopia suicida e di un’arroganza fatale: ricordate il prologo del pilota, il misterioso orrore inspiegabile che falcidiava gli ignari Guardiani della notte oltre la Barriera? Ricordate le prime, vane preghiere dei confratelli che chiedevano aiuto e rinforzi per proteggere i confini settentrionali? Ricordate lo sguardo di Jon Snow ad Aspra dimora? Ecco, non possiamo negare che la veloce, efficiente, e relativamente indolore (le perdite non mancano ma sono meno devastanti del previsto) sconfitta del Re della Notte sia per certi versi anticlimatica.

Un game changer per il Trono

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Il Trono di Spade 8×03: Kit Harington interpreta Jon Snow

La minaccia che incombeva sull’intero continente non ha nemmeno lasciato il Nord, Cersei aveva ragione a sentirsi al sicuro nella Capitale, e non c’è nessun mistero da esplorare sulle motivazioni degli Estranei e sul ruolo e il potere di Bran Stark, che sembra servire solo a fare da esca per stanare il Re della Notte: e anche se ora il fronte si sposta a sud per quello che sarà senz’altro un grandioso conflitto tra regine con al centro il simbolo della serie, il trono di spade, c’è più di una punta di delusione per chi pensava che l’elemento grandiosamente soprannaturale e mistico avrebbe giocato un ruolo fondamentale fino alla fine. E invece, con tre episodi ancora a venire, Melisandre si sfila dal collo il magico rubino, si spegne il fuoco di R’hllor, si chiudono gli occhi di chi ha completato la sua missione in nome del Dio della Luce. L’inverno è arrivato, ha brevemente infuriato, ma è bastato a spazzarlo via il passo rapido e silenzioso di un’inafferrabile danzatrice sull’acqua.

Il trono di spade chiude precocemente la sua pagina di epica autenticamente fantasy, ma è pur vero che dal punto di vista dell’efficacia drammatica e del coinvolgimento emotivo sono sempre stati la lotta dinastica e gli intrighi all’ombra del trono ad affascinare gli spettatori: e così andiamo avanti più curiosi che mai al fianco dei sopravvissuti, dopo esserci affannati tra tempeste di neve e corridoi infestati da orde di non morti, verso una guerra che si combatterà alla luce del sole e i cui esiti sono ancora deliziosamente imprevedibili.

Quando il gelo stringe in pugno Grande Inverno

Ma prima torniamo a The Long Night, un episodio avvolto nell’oscurità opprimente che rappresenta l’apoteosi delle scene di battaglia de Il trono di spade, e che tecnicamente è inarrivabile. Il regista Miguel Sapochnik non delude le attese, costella gli ottanta minuti dell’episodio con i suoi trademark, dagli eleganti piani sequenza ai febbrili parossismi di terrore, e segue con chiarezza e passione tutti i personaggi principali in un episodio costituito in grandissima parte di combattimenti che, tra decapitazioni, stoccate e salvataggi in extremis, rischiava di sfiorare la monotonia

L’esercito dei non-morti fa davvero paura quando consuma i Dothraki dagli arakh vanamente accesi della luce di R’hllor, una delle sequenze più belle e devastanti del corso dello show, e quando penetra, una scheletrica e mostruosa entità dopo l’altra, oltre i merli del castello; dall’agorafobia del campo aperto che osserviamo con Daenerys e Jon (prima che lei decida di mandare all’aria i piani su cui avevano concordato) si passa alla claustrofobia dei corridoi e delle cripte assediati, e l’elemento sonoro segue questo importante passaggio, passando dalle grida assordanti, dal frastuono dei colpi al silenzio della biblioteca del castello, dove Arya Stark gioca al gatto e al topo con la morte. È lei l’eroina di The Long Night e il suo percorso in questo episodio è entusiasmante, da quando spedisce la sorella nelle cripte con un ben noto, pragmatico consiglio, a quando vibra il colpo decisivo con un trucchetto di destrezza simile a quello che le avevamo già visto esibire nel suo allenamento con Brienne nella settima stagione.Trailer Trono Di Spade 8Traier dell’ultima stagione del Il Trono di Spade

Il compositore Ramin Djawadi ci mette il suo scardinando il silenzio con una nuova partitura che sfida la gemma musicale de I venti dell’inverno; The Night King, pur avendo al centro il pianoforte ed essendo strutturato similmente in crescendo, è molto diverso da Light of the Seven, più variegato e complesso, come la sequenza che è chiamato ad accompagnare: la lotta dei guerrieri sfiniti tra i merli, il pianto di Sam Tarly, la lotta per la sopravvivenza di Dany e Ser Jorah, la spasmodica e impossibile corsa di Jon verso l’albero sacro, e la disperata difesa di Bran Stark da parte di un Theon Greyjoy al culmine glorioso del suo arco redentivo.

Nel caos e nel batticuore, qualcuno potrebbe persino aver dimenticato che Lady Melisandre ha affidato ad Arya Stark la missione più importante, ma non ci sorprende affatto che la minuscola ragazzina che rifiutava un’educazione tradizionale da fanciulla nobile per scegliere il proprio destino sia l’unica che può salvare i suoi fratelli, il castello in cui è cresciuta, e il mondo, con la daga di acciaio valyriano che diede il via alla guerra tra il Lupo e il Leone. La sorpresa sta nel fatto che Arya abbia altri occhi da chiudere dopo quelli, azzurro ghiaccio, della Morte.

Ragazze vincenti

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Il Trono di Spade 8×03: una foto di Sophie Turner

Oltre agli straordinari meriti tecnici, c’è molto che funziona ed emoziona in The Long Night, dal ritorno arcano di Melisandre alla generosa e incessante salvaguardia reciproca tra Brienne e Jaime. C’è anche qualche elemento che farà discutere, al di là dell’indirizzo generale della storia: a cosa serve la trance di Bran che si conclude solo quando il Re della Notte è a pochi passi? Sono sufficienti neve e vento a spiegare l’inefficacia del fuoco di Drogon e Rhaegal contro i non morti? Come fanno i vari Jaime, Brienne, Tormund, Verme Grigio, Davos, Sam (!?!) etc. a resistere per ore all’orda senza fine quando la selvaggia avanguardia Dothraki è stata polverizzata in pochi secondi? 
Ma noi preferiamo ricordare una ragazzina che abbatte un gigante mentre questo la spezza, e un altro gigante, questo buono, che supera il terrore del fuoco per salvare un’altra ragazzina che ha un compito ancor più importante. In questi frangenti sì, è pura, tragica e ineffabile la poesia de Il trono di spade.

Conclusioni

La nostra recensione de Il trono di spade 8×03, pur senza tacere qualche perplessità sulla risoluzione un po’ troppo sbrigativa e indolore del fronte narrativo più ambizioso e possente dell’intera storia, quello più strettamente fantasy, illustra un episodio tecnicamente strabiliante, che segue un complesso e caotico assedio mantenendo l’attenzione e l’emotività sui personaggi, e regala un finale malinconico e liberatorio in cui la magia sembra lasciare Westeros.




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